Raggi e il segno di Zoro
Nino Lisi*
Se fosse nato toscano o siciliano o ligure o chessoio sarebbe stato considerato esponente della cittadinanza attiva, una persona impegnata, un cittadino partecipe della vita della città, collaboratore delle istituzioni. Ma invece no. E’ nato Rom. E se si interessa a quel che accade vicino a dove abita, se si offre di sostenerlo, se dichiara di apprezzare quanto il Comune sta facendo in riva al fiume e assicura che anche altri concittadini e concittadine del quartiere,
E’ quello che si ricava dalla cronaca de il Messaggero nella quale si riporta il soprannome con il quale è noto il Rom in questione: Zorro, nella parlata romanesca Zoro.
La cronista intervista la funzionaria del Comune di Roma responsabile del progetto Tiberis, un tratto di spiaggia attrezzata lungo una sponda del Tevere. < E’ venuto a vedere cosa facevamo, modi gentili, carini un caso raro> dice la funzionaria comunale.
E allora la Sindaca Raggi insorge dichiarando che “l’Amministrazione non fa accordi con i Rom” e che chi avesse parlato di accordi non avrebbe parlato a nome dell’Amministrazione. Giustissimo: l’Amministrazione non può fare accordi mafiosi e per come il Messaggero lo ha presentato quello con Zoro sembrerebbe tale. Zoro dunque come Casamonica o Spada? Assolutamente no.
Zoro e i Rom di Vicolo Savini non controllano il territorio, non taglieggiano alcuno, si arrangiano per vivere come tutti coloro che non hanno lavoro. Zoro è intraprendente, organizza mercatini con i quali dà opportunità per sopravvivere sia a sé che ad altri; si industria a fare il microimprenditore e gira con un fascio di documenti e moduli che dimostrano il suo impegno per “regolarizzare” la propria attività, chiedendo autorizzazioni e permessi che quasi mai gli vengono dati.
Solleva così un punto cruciale per affrontare la “questione Rom”: regolarizzare i principali lavori con i quali sopravvivono i Rom dei campi (regolari o “abusivi”) : i mercatini e la raccolta dei rottami metallici.
Cittadinanza e Minoranze ha presentato a questo proposito due modelli di intervento a livello di avan-progetti, sia ai Tavoli di Lavoro indetti dalla Regione Lazio in rapporto alla Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom Sinti e Caminanti, sia all’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Roma. Ma le nostre Istituzioni purtroppo affrontano la questione Rom in termini di decoro urbano ed ordine pubblico, con sgomberi e, quando va bene, con rimpatri assistiti; non in termini di inserimento lavorativo e di inclusione sociale.
Sui “nomadi” grava un pesante e diffuso pregiudizio. Quando è fatto proprio dalle Istituzione rischia di divenire discriminazione razziale.
La frase della Sindaca Raggi ha questa intonazione. Non ha detto che l’Amministrazione non fa accordi con i mafiosi – che sarebbe giustissimo – ma con i Rom. E’ perché? Cos’hanno i Rom per cui non si possono fare accordi con loro? Lo direbbe se si trovasse di fronte poniamo ad un gruppo di Napoletani o di Veneti o di Torinesi? Si rende conto che dovrebbe essere Sindaca di tutti coloro che vivono nella Città di Roma
Qualche decennio fa, a Roma, nelle condizioni in cui versano ora i Rom dei campi, vi erano abbruzzesi, calabresi e campani, per esempio nella baraccopoli di Prato Rotondo. Nessun sindaco si rivolse loro in termini del genere.
*Questo articolo è uscito su Articolo 21