Piccoli rom nel fuoco della nostra civiltà
Questo articolo di Elena Loewenthal è apparso su La Stampa di sabato 18 dicembre.
Quanto è crudele a volte il mondo, che al solo guardarlo fa orrore: succede ogni volta che muore un bambino.O due, come è successo nel campo rom di Stornara, nel foggese: una bimba di quattro anni e un bimbo di due, cui vorremmo anche soltanto dare un nome perchéin nome è la vita, e invece loro due sono morti bruciati sotto la loro baracca, dentro i loro lettini. Per colpa chissà se di un bidone di olio adibito a braciere di fortuna o di una improvvisata stufa a legna.
Certo, dovremmo indignarci prima di tutto per come vivevano quei due bambini, prima di morire bruciati: in mezzo ad altre mille persone, quasi tutti cittadini bulgari, nello squallore, nell’abbandono, senza uno straccio di servizi primari. Un luogo dove l’unica cosa che abbonda è la spazzatura – oltre all’amianto delle lamiere. Certo, dovremmo indignarci prima di tutto per tutto questo. Ed è quasi una tragica beffa del destino, anzi, un terribile presagio, il fatto che proprio nei giorni scorsi sia stato pubblicato su Avvenire un appello di professionisti e intellettuali tra i quali Luigi Manconi, Edith Bruck, Domenico Starnone e tanti altri contro la discriminazione di persone rom, sinti e caminanti.
Però quando ci sono due bambini che muoiono, tutto il resto fa un passo indietro, sullo sfondo del mondo. Due anni gridano la rabbia, l’ingiustizia, l’impotenza, lo sgomento. L’asenza di parole. Che pena, che strazio, che scenza inaccettabile. Quel fuoco che ha distrutto tre unità abitative, cioè tre baracche di Stornara, grida al mondo la cosa più brutta che possa mai succedere e che pure è successa milioni di volte. Perché la morte di un bambino nega tutto – ogni civiltà, ogni progresso, ogni umana ambizione. Perché la morte di un bambino è la cosa più intollerabile che ci sia. E’ la sconfitta più grande. Per chi lo ha messo al mondo, perché l’ha visto vivere, per chi l’ha visto morire. Per tutti.
E poi, una volta urlato tutto questo al cielo e alla terra di fronte a quei due fratellini morti nel letto per colpa di una lingua di fuoco, dell’incuria e dell’abbandono che erano tutto il loro mondo, l’unico che conoscevano, non possiamo non dirci che quel loro brutto mondo tutti noi ce l’avevamo e ce l’abbiamo sotto gli occhi. E allora, oltre a non sopportare la morte di due bambini perché ogni morte di bambino è insopportabile, bisogna imporsi di fare in modo che non accada più.