C’è ancora lo stato di diritto?
Roma, 23 Agosto 2017 ore 12. Piazza Indipendenza è sigillata su tre lati con il giallo nastro di plastica della Polizia di Roma Capitale. Neppure alla stampa è consentito passare se non per il vigilantissimo varco sul quarto lato. Nella piazza si svolge un triste spettacolo:quello del dissolvimento della forma di Stato di Diritto della Repubblica Italiana.
Per Stato di Diritto si intende infatti uno Stato che <assicura il rispetto dei diritti e delle libertà dell’uomo> ed In Piazza Indipendenza c’è l’esatto contrario. C’è la dimostrazione plateale di come si stia calpestando almeno uno dei fondamentali diritti dell’uomo e delle donne, quello di avere un tetto sotto cui ripararsi. E’ sancito ’art. 31 della Carta Sociale Europea: <Tutte le persone hanno diritto all’abitazione>.
Nei giardini di Piazza Indipendenza, sedute o stese su cartoni, vi sono decine e decine di donne, per lo più africane, che pure in quelle condizioni riescono a mantenere un aspetto dignitoso e fiero, come le donne africane sanno fare. A qualche metro di distanza un centinaio di uomini che discutono e protestano. Sono una parte delle 500 persone cui era stato riconosciuto lo status di rifugiato politico e che poi, abbandonate a loro stesse, avevano trovato rifugio, quattro anni fa, nel palazzone (vuoto) prospiciente la piazza, in via Curtatone.
Certo, l’occupazione dello stabile, ancorché vuoto, era abusiva. Un abuso, motivato dallo stato di necessità, che è stato ignorato dalle istituzioni, ben liete, evidentemente, di essere sgravate dell’onere di provvedere ad alloggiare un così nutrito numero di persone, benché, come l’Istat ha censito, vi sono 110.000 abitazioni vuote nella nostra città.
Siccome gli abusi vanno eliminati, Prefettura e Questura giorni fa sono intervenute a ristabilire ordine e legalità, compiendo a propria volta una illegalità molto grave, perché sloggiare gli esseri umani da una sistemazione ancorché abusiva senza offrire un’alternativa adeguata non è lecito. Tant’è vero che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel 2015 ha ordinato al Governo Italiano di sospendere lo sgombero dell’insediamento Rom di Lungo Stura Lazio a Torino, fissando al 26 marzo di quell’anno il termine entro cui il Governo dovesse fornire <spiegazioni sulla riallocazione abitativa dei nuclei familiari ed in particolare di quelli con soggetti vulnerabili e minori>.
Gli sgomberati e le sgomberate dal palazzo di Piazza Indipendenza, in mancanza di alternative, per tre giorni si sono “accampati” – come titolano tutti i giornali – nei giardini della stessa piazza. Alcune donne e bambini la scorsa notte sono rientrate nello stabile dove stamane, insieme a chi ha dormito nella piazza, hanno resistito al tentativo della polizia di sgomberarli nuovamente. Dopo momenti di tensione,un’alternativa al quarto giorno è stata finalmente prospettata. E qui si rasenta il paradosso. La soluzione proposta non è stata predisposta dalle Istituzioni, bensì offerta dalla stessa società proprietaria dell’immobile sgomberato. Soluzione, ovviamente, provvisoria e per di più, a quel che gli sgomberati riferiscono, in immobili fuori Roma.
La proposta è stata perciò ritenuta inaccettabile dagli/dalle intressati/e che come è ben comprensibile hanno in qualche modo trovato un lavoro per poter sopravvivere mentre i loro bambini hanno intrapreso il percorso scolastico nelle scuole nei pressi della loro abitazione abusiva. Un “tavolo” è stato istituito presso la Prefettura ma la soluzione non si è trovata; salvo complicazioni, è rimandata a domani.
Ora una considerazione si impone. E’ inaccettabile che lo Stato Italiano calpesti in tal modo la Carta Sociale Europea che a suo tempo ha sottoscritto. Ed è inaccettabile che dopo aver dato una splendida prova con l’Operazione Mare Nostrum stia dando ora tante pessime prove nell’affrontare la questione degli immigrati e dei rifugiati,Davvero è in discussione la forma di Stato di Diritto della nostra Repubblica.
Di ciò, oltre che per i rifugiati, oltre che per gli immigrati, noi cittadini italiani dobbiamo preoccuparci. Ne va del nostro futuro.
Nino Lisi