Caccia grossa in piazza Indipendenza
Ieri Nino Lisi si chiedeva, dal nostro sito, se esista ancora lo stato di diritto. La risposta l’abbiamo avuta questa mattina quando le forze di polizia hanno sgomberato a suon di manganelli e idranti piazza Indipendenza a Roma da alcune centinaia di rifugiati eritrei e somali che pochi giorni prima erano stati sgomberati da un palazzo di via Curtatone che occupavano da quattro anni.
E la risposta è “No”.
Ecco perché. Non solo le quasi cinquecento persone che per quattro anni hanno occupato il palazzo di via Curtatone sono praticamente tutte rifugiati politici con regolare certificazione. Non solo molte di loro hanno trovato lavori, da quando non rientrano più nel programma Sprer. Non solo molti dei loro figli frequentano le scuole della zona. Non solo quel palazzo, di proprieta di una finanziaria, la Idea Fimit Sgr, era da dieci anni abbandonato. Non solo il nostro paese, la nostra città, non ha offerto nulla per anni a persone scampate alle guerre, agli eccidi, alla tortura.
Non solo.
Quello che induce a pensare che il diritto ma anche la legge e perfino la dignità siano ormai calpestati senza pudore è che questa ennesima persecuzione nei confronti di donne, bambini e uomini da parte delle istituzioni sia stata resa possibile dallo schioccare di dita di una proprietà che, improvvisamente, si ricorda di possedere, tra gli altri beni immobili di entità non quantificabile, uno stabile che avrebbe potuto rivendere per farne un centro commerciale o (a scelta) un albergo. E, ciliegina sulla torta, che a fornire la sola alternativa al nulla a cui erano destinati i quasi 500 rifugiati (sebbene solo per sei mesi) e cioè alcune villette vicino Rieti, siano state non le istituzioni ma la Idea Fimit Sgr, proprietaria, appunto delle villette. Certo per poter tornare in possesso di quello che, a Roma, è potenzialmente molto più redditizio ma, dal canto suo, il Comune di Roma ha di buon grado accettato l’offerta a costo zero senza minimamente preoccuparsi del destino di quelle centinaia di persone stradicate, “temporaneamente” trapiantate a oltre 80 chilomentri dalla città dove avevano cominciato a rifarsi una vita.
Se questa non è la fine dello stato di diritto, di certo è la cancellazione di ogni sentimento di umanità.