Diritto all’iscrizione anagrafica. Sentenza del tribunale di Firenze
Un ospite di un appartamento del cas di Scandicci, gestito dalla Diaconia Valdese Fiorentina, si era visto rifiutare dal Comune l’iscrizione anagrafica; la Diaconia Valdese in collaborazione con l’avvocato Daniela Consoli hanno sostenuto il richiedente asilo che ha fatto ricorso al tribunale di Firenze.
Ieri il Tribunale ha emanato un’ordinanza in cui l’immediata iscrizione del ricorrente richiedente asilo nel registro anagrafico della popolazione residente. Di seguito il comunicato dell’Asgi, l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione.
Il Tribunale di Firenze, con l’ordinanza in commento, fa salvo l’art. 4-bis d.lgs. 142/2015 così come introdotto dall’art. 13 d.l. 113/2018 conv. in l. 132/2018, formulando una interpretazione costituzionalmente orientata della norma, ed ordinando al Comune convenuto, per l’effetto, l’immediata iscrizione del ricorrente richiedente asilo nel registro anagrafico della popolazione residente.
La decisione, particolarmente articolata, ha il pregio di trattare, con rigore dogmatico, tutte le problematiche che consentono, all’interprete ed agli operatori del diritto, di procedere all’applicazione della norma senza ledere il diritto alla residenza dei richiedenti la protezione internazionale, nel rispetto della legge.
Il Tribunale fiorentino, innanzitutto, afferma un principio di generale portata ovvero che la norma una volta emanata “si stacca dall’organo che l’ha prodotta e non viene più in rilievo come una “decisione” legata a ragioni e fini di chi l’ha voluta, ma come un testo legislativo inserito nell’insieme dell’ordinamento giuridico” e dunque doverosamente interpretabile “in modo conforme al canone della coerenza con l’intero sistema normativo, coerenza che andrà evidentemente ricercata anche sul piano costituzionale”
Ad avvalorare l’assunto il Tribunale tra l’altro menziona Cass. n. 3550/1988, n. 2454/1983 e n. 3276/1979.
Diversamente ragionando “l’interprete” non potrebbe “procedere alla …… esatta comprensione” della norma “secondo i canoni ermeneutici legali previsti all’art. 12 ss. delle preleggi”.
Posta la sintetizzata premessa, il Tribunale dà atto del fatto che “ogni richiedente asilo, una volta che abbia presentato la domanda di protezione internazionale, deve intendersi comunque regolarmente soggiornante” sul territorio dello Stato quantomeno per il tempo occorrente ad accertare il diritto alla protezione pretesa e che “la regolarità del soggiorno sul piano documentale” può essere comprovata, oltre che dal permesso di soggiorno, di cui la norma in commento esclude la spendibilità, da ulteriori e diversi documenti quali ad esempio “gli atti inerenti l’avvio del procedimento volto al riconoscimento della fondatezza della pretesa di protezione ed in particolare attraverso il cd. “modello C3”, e/o mediante il documento nel quale la questura attesta che il richiedente ha formalizzato l’istanza di protezione internazionale”
Il Tribunale inoltre fa rilevare come a conforto della decisione assunta milita un ulteriore argomento: l’art. art. 13, alla lett a) fa divieto di iscrizione anagrafica esibendo il solo permesso di soggiorno per richiesta asilo e la successiva lett c, abroga espressamente, l’istituto della cd convivenza anagrafica (introdotto con decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13 conv. in legge 13 aprile 2017, n. 46) che, appunto, consentiva, l’iscrizione del richiedente la protezione internazionale, su comunicazione del responsabile della struttura di accoglienza attraverso l’invio del solo permesso di soggiorno per richiesta asilo.
Dunque, l’interpretazione coerente delle due disposizioni (lett. a e c dell’art. 13) porta a ritenere che il legislatore abbia sancito “l’abrogazione, non della possibilità di iscriversi al registro della popolazione residente dei titolari di un permesso per richiesta asilo, ma solo della procedura semplificata prevista nel 2017 che introduceva l’istituto della convivenza anagrafica, svincolando l’iscrizione dai controlli previsti per gli altri stranieri regolarmente residenti e per i cittadini italiani. Eliminando questa procedura il legislatore ha in qualche modo ripristinato il sistema di assoluta parità tra diversi tipologie di stranieri regolarmente soggiornanti e cittadini italiani previsto dal T.U.I.