Il giusto peso
Carlo Stasolla*
In Italia il dibattito sulla cosiddetta “rappresentanza rom” è ricorrente e puntualmente ricorrenti sono le accuse e gli attacchi (spesso eccessivi) verso le parti che incarnano diverse posizioni. Penso però che alla base ci sia un grosso equivoco che, in maniera elementare, proverò a sciogliere.
Se restiamo nell’ambito democratico, la rappresentanza è quella consegna del potere tra gli individui e colui che da questi è legittimato a parlare per loro e a tutelare i loro interessi. Tale trasmissione di potere avviene attraverso l’azione di voto, disciplinata da norme che rispondono ai principi democratici.
All’interno di un’associazione, ad esempio, il rappresentante legalmente riconosciuto è il suo presidente perché, dopo regolari elezioni, svolte all’interno di un’assemblea dei soci, questi ultimi hanno trasmesso sulla sua figura il potere di rappresentanza. Il tutto documentato da un verbale di elezione. Da quel momento – e solo per il tempo stabilito dalla legge – quel presidente potrà parlare solo e soltanto a nome dei soci della sua organizzazione.
Per esserci un rappresentante, o un portavoce, ci devono quindi essere dei soggetti abilitati ad esprimere un voto, delle regole democratiche che stabiliscano le norme per esercitarlo, un verbale che riporti gli esiti del voto.
Oggi allora si può parlare in Italia o nelle città italiane di una “rappresentanza rom” riconosciuta? No. Ma non perché qualcuno la nega. Semplicemente perché, ad oggi, mancano gli elementi democratici per
renderla tale. Nessuno oggi può parlare “a nome” dei rom in Italia. Né chi pretende di farlo in nome di una comune origine etnica, né chi in quanto presidente o rappresentante di una qualsiasi organizzazione riconosciuta. E’ questa la ragione per cui, ad esempio, pur rappresentando un’organizzazione, non mi è
mai balenata minimamente l’idea di parlare a nome di una persona o di una comunità che non siano i soci che mi hanno regolarmente eletto.
Non avere rappresentanti delle comunità rom italiane, è un limite? Per alcuni sì. Per altri no. Ma questa è un’altra storia. Qualcuno, negli ultimi mesi, ha erroneamente pensato che il recente soggetto costituito in seno all’UNAR, il Forum delle comunità rom, sinte e caminanti, sia un organo di rappresentanza e quindi, chi ne fa parte, è un “rappresentante dei rom, dei sinti, dei caminanti” in Italia che può parlare a nome di essi e che deve essere interpellato ogni qual volta si intenda discutere di “questioni rom”. Probabilmente non ha letto e compreso bene la Strategia Nazionale d’Inclusione dei rom che spiega, molto chiaramente il ruolo e gli obiettivi del Forum. In estrema sintesi essi sono quelli di lavorare per realizzare concretamente i principi della Strategia a livello nazionale e locale e di monitorare le sue azioni.
Per mettere in ordine le cose dovremmo, come spesso accade, ripartire dal linguaggio e, iniziando dai testi istituzionali, cominciare a sostituire le parole “rappresentanti rom, sinti e caminanti” con “rappresentanti delle associazioni rom, sinti e caminanti”. Abbiamo infatti a che fare con rappresentanti che legittimamente rappresentano i soci che li hanno eletti, e non un intero popolo composto da persone, la maggior parte delle quali neanche è a conoscenza di soggetti che pretendono di parlare a nome loro.
Comprese tantissime persone rom, a me assai vicine, che mai si sognerebbero di delegare altri a rappresentare le loro parole e i loro pensieri. Se andassimo a Noto per riferire alle famiglie caminanti che qualcuno a Roma parla a nome loro come pensate la prenderebbero?
Altro, certo, è rappresentare i diritti umani. E questa è una prerogativa che spetta ad ogni cittadino ed in qualsiasi ambito, vista la loro universalità.
In sintesi: rappresentare un gruppo di persone significa avere una loro delega alla rappresentanza attraverso un percorso democratico; rappresentare i diritti spetta a ciascuno di noi. Comprendere questa
differenza aiuterebbe a capire le posizione differenti.
Le mie, lo so, non sono altro che logiche deduzioni che però, fino a quando decideremo di vivere in un Paese democratico, continuano ad avere il loro giusto peso. Volenti o nolenti.
*Associazione 21 luglio