Rom in parlamento
I due vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio hanno trovato un altro punto in comune: la necessità di chiudere i campi rom. L’obiettivo non è nel cosiddetto contratto di governo ma entrambi vorrebbero realizzarlo prima della fine della legislatura. “Rileviamo tensioni sociali dove ci sono campi rom […] non possiamo dire ai sindaci d’Italia occupatevene voi con le vostre risorse”, ha detto il ministro dello Sviluppo economico a Che tempo che fa nella puntata del 7 aprile, precisando che a occuparsene dovrà essere l’alleato di governo.
“Il percorso immaginabile è quello dell’integrazione per chi è italiano e ricollocamenti per chi non lo è”.
Di quante persone parliamo, quando diciamo “rom”? Quanti campi esistono in Italia? Gli ultimi dati disponibili sono quelli appena presentati dall’Associazione 21 luglio, un’organizzazione non-profit che supporta gruppi e individui in condizioni di segregazione. Secondo il rapporto annuale del 2018, in Italia vivono tra le 120mila e le 180mila persone di origine rom e sinti, 25mila delle quali all’interno di baraccopoli o di altri insediamenti informali. L’anno scorso erano 26mila. Secondo l’Associazione, questa diminuzione si deve soprattutto alla crisi economica e ai proclami politici che hanno spinto molti rom a spostarsi nei paesi d’origine o del Nord Europa.
Chi sono i rom?
Quando si parla di rom, sui giornali o nei discorsi, spesso si dà per scontato che si tratti di un blocco sociale omogeneo e riassumibile in una serie di luoghi comuni; eppure, nella realtà, quelli che chiamiamo rom fanno parte di popoli con storie, tradizioni e culture anche lontanissime fra loro.
Il nuovo report dell’Associazione 21 luglio ha trovato 22 comunità principali dislocate sul suolo italiano: i rom di immigrazione più antica (a loro volta divisi in abruzzesi, celentani, basalisk, pugliesi e calabresi); i sinti, che si dividono in 9 gruppi su basi territoriali e linguistiche; i rom balcanici che sono venuti in Italia più recentemente; i rom bulgari; i rom rumeni e infine i caminanti, originari di Noto.
C’è campo rom e campo rom
L’Associazione 21 luglio ha contato circa 127 baraccopoli formali, cioè riconosciute dalle istituzioni, in tutto il paese. In queste strutture abitative vivrebbero circa 15mila persone. Altre 9600 si troverebbero, invece, all’interno dei cosiddetti insediamenti informali (di cui invece non esistono stime certe).
Anche la popolazione all’ interno dei campi è molto diversa. Nelle baraccopoli formali, il 44% degli abitanti ha infatti la cittadinanza italiana mentre il 34% circa proviene dall’ex Jugoslavia ed è quindi apolide (motivo per cui non potrebbe essere rimpatriato, nel caso). Negli insediamenti informali, prevalgono invece i rumeni. In entrambe le zone, comunque, vivono soprattutto minorenni (il 55% della popolazione totale), e l’aspettativa media di vita è di 10 anni inferiore a quella degli italiani.
Secondo l’Associazione 21 luglio, Roma è la città con più campi rom. Nella capitale, ci sono infatti 16 baraccopoli formali e 300 insediamenti informali. Gli insediamenti più grandi sono però concentrati in Campania.
I tentativi di superare i campi rom
Nella sua relazione al parlamento italiano, il presidente di Associazione 21 luglio Carlo Stasolla ha dichiarato che “il superamento dei campi rom rappresenta la più grande sfida che ci attende nei prossimi anni”. Nel 2012 è nata la Strategia nazionale per l’inclusione dei rom, una serie di provvedimenti istituzionali volti a fare un passo in avanti rispetto agli insediamenti rom, che contribuiscono a creare un’aura di ghettizzazione attorno alle comunità che le abitano. Da allora, però, la strategia – denuncia il report dell’Associazione 21 luglio – è rimasta largamente inapplicata.
Gli unici comuni che hanno provato a battezzare iniziative in tal senso sono stati quelli di Moncalieri, Sesto Fiorentino, Lamezia Terme e Palermo. Secondo Stasolla, si tratta di risposte “famida osservare con attenzione e sostenere, perché rappresentano una nota di discontinuità nel panorama nazionale”.